Il Mattino – 23 Ottobre 2003
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Il Mattino – 23 Ottobre 2003
RITROVATE LE SPOGLIE DI MATTEO PECORARO
TORNANO A CASA LE SPOGLIE DI UN MILITARE SALERNITANO ERMINIA PELLECCHIA Tornano a casa le spoglie di Matteo Pecoraro, militare salernitano caduto in Albania. Don Nicola Pecoraro, salesiano, non ha mai perso la speranza di ritrovare il corpo di suo zio Matteo, il parente mai visto, ma così presente nella memoria della sua famiglia. Suo padre, Bernardino, ha sempre parlato di lui, Matteo, l’unico dei tre fratelli partiti in guerra nel ’40 a non essere ritornato. Disperso nella terribile battaglia di Psarit, nel lontano gennaio del ’41 che registrò un bilancio luttuoso: dieci morti, ventitrè feriti e sette dispersi. E che segnò la fine di ogni notizia da parte di matteo alla famiglia. Sulla collina di Psarit, cerniera fra l’Albania e la Grecia, Pecoraro ha riposato per sessantadue anni. La gente del posto ha ricoperto quella tomba senza nome di fiori. Per oltre mezzo secolo. |
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Pecoraro era caduto nel corso di una battaglia nel 1941. L’esame del Dna stabilità se lo scheletro è il suo I resti di un soldato salernitano, morto durante una battaglia in Albania nel 1941, sono stati rinvenuti grazie alla caparbietà di un nipote che, dopo anni di certosine ricerche, ha deciso di recarsi personalmente nei luoghi dove sessantadue anni prima, lo zio era caduto. E’ stato dunque recuperato lo scheletro di un militare italiano. La certezza è data dai bottoni dell’uniforme che si sono perfettamente conservati. Non è ancora sicuro che si tratti però di Matteo Pecoraro, deceduto giovanissimo in guerra. Lo potrà attestare solo l’esame del Dna che sarà confrontato a quello dell’unico fratello ancora vivente, Bernardino. L’uomo, oggi novantenne, abita con la moglie ed i figli in via Francesco La Francesca. «Mio padre è commosso e felice», ha raccontato il figlio Giancarlo, fratello di don Nicola, artefice della scoperta. |
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La Città – 24 Ottobre 2003
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La Città – 15 Febbraio 2004
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Il test del DNA ha confermato l’intuizione del nipote Nicola Lo zio era morto nel 1941 IL SOLDATO MATTEO RITORNA A CASA Sono del militare salernitano i resti ritrovati in Albania di Clemy De Maio Ora non ci sono più dubbi: quei resti, che con tanta tenacia don Nicola Pecoraro ha cercato per dodici anni, sono del soldato salernitano Matteo Pecoraro, deceduto nel 1941 sulla collina di Psarit, in Albania. La conferma è arrivata dall’esame del DNA: il codice genetico dello scheletro, rinvenuto quasi intatto sotto venticinque centimetri di terra, è compatibile con quello di Bernardino Pecoraro, unico fratello ancora in vita del militare disperso e padre di don Nicola. Ora Salerno può preparare le celebrazioni per il rientro a casa. Don Nicola ha già inviato la richiesta a Bari, al Sacrario dei caduti di oltremare. E’ qui che le spoglie del soldato Matteo sono state portate dopo il ritrovamento, nell’ottobre scorso. Ed è da qui che partiranno nei prossimi giorni, ora che i risultati del test hanno ridato loro un nome. Don Nicola è raggiante. Sacerdote salesiano, preside dell’istituto del Sacro Cuore di Napoli, al Vomero, sta organizzando in queste ore la cerimonia che saluterà il ritorno dello zio Matteo. Si terrà in Cattedrale, nelle vicinanze di quella via Genovesi numero 22 dove la famiglia Pecoraro abitava al tempo della guerra. Quella stessa casa dove un don Nicola bambino guardava con ammirazione la foto in grandezza naturale di zio Matteo, iniziando a nutrire per quel ragazzo di venticinque anni, sacrificato sul fronte greco del secondo conflitto mondiale, un’ammirazione sempre piè profonda. E’ nata così da quella foto appesa in salotto, la decisione di mettersi alla ricerca del parente scomparso. “Ho sempre creduto che lo avremmo trovato, racconta il sacerdote, e quando abbiamo rinvenuto quei resti non ho avuto più dubbi: un filo invisibile e miracoloso ci aveva condotti fin lì. Ora che la scienza ha confermato il mio convincimento, non ci resta che riportarlo a casa, con una cerimonia alla quale inviteremo autorità religiose e civili”. In questi dodici anni di ricerche don Nicola ha raccolto decine e decine di documenti: i diari di guerra, il telegramma che annunciava la morte del congiunto, le sue ultime lettere prima della battaglia. Testimonianze commoventi, come le cartoline spedite dal fronte alla sorella Giannina, con inciso lo stemma delle forze armate. Come la lettera inviata da Monza il 20 dicembre del 1940, per dire ai genitori che stava partendo per una destinazione ignota, un distacco improvviso che aveva fatto naufragare i progetti di passare insieme il Natale: “Vi scrivo questa volta con le lacrime agli occhi, ma una sola cosa voglio da voi: non dovete piangere. (…) Andrò laggiù a difendere la mia cara Patria…Dovete pregare tanto al Buon Iddio che finisca presto questa guerra e che mi scampi ad ogni pericolo”. Il soldato Matteo Pecoraro, ottavo reggimento fanteria, sarebbe morto meno di un mese dopo, il 14 gennaio 1941, quando le forze italiane sferrarono l’ennesimo, inutile attacco contro i greci. Alla fine di quella battaglia il comandante Vittorio Ranise registrava sul diario di guerra 10 morti, 25 feriti e 7 dispersi, tra cui il salernitano Pecoraro. C’era la neve quel giorno sulla collina di Psarit, vicino alla città di Permet, una bufera che infieriva sulle condizioni fisiche della truppa, già definite pessime nei registri delle operazioni. Il soldato Matteo fu colpito da otto schegge di mortaio e restò sul campo. E’ in quello stesso posto che, 62 anni dopo, lo ha ritrovato il nipote. I resti erano sepolti sotto un cumulo di pietre e terriccio, un sepolcro improvvisato nel mezzo dell’Albania meridionale. Quando li ha visti, don Nicola non ha avuto dubbi: “Sono di zio Matteo” ha detto con la forza dei sentimenti. E adesso anche la scienza gli ha dato ragione. |
LE RICERCHE Dagli archivi agli scavi La ricerca è iniziata nel 1992. Quando, dopo il crollo dei regimi comunisti, l’ordine dei Salesiani cominciò la sua opera di catechizzazione in Albania. Don Nicola Pecoraro decise che era il momento di iniziare quell’impresa sognata da tempo e mettersi sulle tracce dello zio Matteo, per ritrovarne i resti e ricostruirne le ultime ore di vita. Ha trascorso anni a spulciare tra gli archivi di Stato e quelli dell’esercito, raccogliendo documenti e testimonianze. Fino al diario di guerra del colonnello Vittorio Ranise, che raccontava della terribile battaglia sulla collina di Psarit e dei sette soldati dispersi. Carte topografiche alla mano, don Nicola ha individuato il luogo esatto dello scontro e nell’ottobre 2003 è partito per l’Albania. Qui ha parlato coi contadini, rintracciato testimoni della battaglia e infine, accompagnato dall’ambasciatore italiano, ha indicato agli spalatori il punto dove scavare. Lì sotto, sepolto dalle pietre, c’era lo zio Matteo.
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La Città – 06 Giugno 2004 1°
La lunga ricerca di don NicolaA Psarit ha trovato una testimone della battaglia del 1941 In estate tornerà sulla collina per collocarvi una lapide E’ stata un’anziana minuta a indicare a don Nicola il luogo dove cercare le spoglie dello zio. Feruze Malko, |
La Città – 06 Giugno 2004 2°
Salerno ritrova il
soldato Matteo
Al Duomo i resti del militare morto in Albania 63 anni fa
di Clemy De Maio
Torna a casa il soldato Matteo. Le spoglie del militare salernitano, che 63 anni fa perse la vita su una collina dell’Albania, arriveranno venerdì mattina al Duomo di Salerno. Merito della tenacia del nipote Nicola Pecoraro, prete salesiano che dopo dieci anni di ricerche ha ritrovato i resti dello zio Nel febbraio scorso li test del Dna, eseguiti a Bari al sacrario dei caduti di oltremare confermarono che quello scheletro, rinvenuto quasi intatto sotto venticinque centimetri di terra, apparteneva al soldato Matteo Pecoraro, morto in battaglia il 14 gennaio del 1941. Ora, espletate tutte le formalità burocratiche, il soldato Matteo può tornare nella sua Salerno.Venerdì mattina arriverà in Cattedrale, a pochi metri da quella via Genovesi dove era vissuto da bambino. Lo attende Berardino, l’unico dei cinque fratelli rimasto in vita, e suo figlio Nicola, che l’ha cercato caparbio per tutti questi anni. Sarà lui a celebrare, alle 12 la messa in suffragio, mentre una delegazione dell’esercito tributerà gli onori militari. Ci sarà una foto in grandezza naturale di Matteo in divisa, quella stessa che un don Nicola bambino guardava con ammirazione nel salone di casa e che nel corso degli anni lo ha convinto a partire per l’Albania alla ricerca del familiare scomparso. La sua tenacia è stata premiata e venerdì sarà lui a officiare al Duomo la celebrazione religiosa. Poi le spoglie saranno portate a Brignano, nella tomba di famiglia, dove don Nicola vuole portare anche la gigantografia. «E’ un’emozione celebrare questa messa. Io ho sempre creduto che lo avremo trovato e quando abbiamo rinvenuto quei resti non ho avuto nessun dubbio. Era come se un filo invisibile e miracoloso ci avesse condotto fin lì». Il luogo è un rettangolo di terreno sulla collina di Psarit, nei pressi della cittadina albanese di Permet. Il soldato Matteo Pecoraro morì sul fronte greco della seconda guerra mondiale, durante una battaglia che fece contare al contingente italiano dieci morti, venticinque feriti e sette dispersi. Tra questi c’era il soldato di Salerno, colpito a morte da otto schegge di mortaio. Aveva compiuto da poco 25 anni e da tre settimane era partito per il fronte albanese. Il nipote lo ha ritrovato lì, sepolto sotto un cumulo di pietre e terriccio. E ha deciso di riportarlo a casa.


nico dei cinque fratelli ancora in vita, Matteo l’ha sempre cercato per mari e monti. Oggi novantenne, ha sorriso e pianto di gioia quando il figlio Giancarlo gli ha comunicato che suo fratello Nicola, dopo anni di ricerche certosine, è riuscito nell’impresa che era fallita a lui, ai genitori e agli altri fratelli Pecoraro: Nicola, Gaetano e Giovannina. Bernardino non è in grado di rispondere al telefono e di esprimere la sua felicità. Ma, assicura il figlio Giancarlo, non vede l’ora di abbracciare Nicola, sacerdote salesiano, che ieri sera è tornato dall’Albania, dopo aver partecipato in prima persona al recupero di quello scheletro. «Certo, non siamo sicuri che si tratti dello zio Matteo, il fratello di papà – spiega Giancarlo – Solo l’esame del Dna potrà confermarlo. Mio fratello Nicola è sicuro che sia lui. Lo speriamo anche noi, visto che per anni mio padre è stato tormentato dai dubbi e dalle angosce, come i miei nonni, per i quali Matteo era disperso». La storia sembra rubata alla penna di uno sceneggiatore. Un soldato salernitano scompare nel nulla nel 1941. Poi si viene a sapere che è morto durante una cruenta battaglia, ma dei suoi resti, nemmeno l’ombra. A ritrovarli sarà, sessantadue anni dopo il nipote parroco, che, per esaudire il più grande desiderio del padre anziano, scartabella per mesi tra ritagli di giornali e libri storici, ma anche tra vecchie cartoline e lettere e risale a quel paesino che dista chilometri e chilometri da Tirana. «L’anno scorso mio fratello decise che doveva andare di persona in Albania – racconta Giancarlo – Si fece accompagnare da un suo confratello di Napoli e partirono per la capitale. Da qui, dopo aver fittato una jeep, percorsero centinaia di chilometri tra le campagne, fino ad imbattersi in prossimità del luogo della battaglia». Colpo di scena, perchè dopo mille ricerche i due sacerdoti hanno la fortuna di imbattersi in una anziana ottantenne che, quella battaglia nella quale morì il giovane Matteo, la ricordava purtroppo benissimo, dal momento che era costata la vita anche al suo bambino di soli due anni, raggiunto da una scheggia. «Mio fratello Nicola ci ha raccontato che è stato proprio grazie a questa donna se sono riusciti ad individuare il punto preciso della battaglia. E lì, scavando, hanno trovato questo scheletro. Il rinvenimento c’è stato lunedì. Poi, in questi giorni, hanno dovuto sbrigare tutte le pratiche necessarie al rimpatrio dei resti. Una volta a Salerno, lo scheletro sarà sottoposto all’esame del Dna, e poi confrontato a quello di mio padre Bernardino, l’unico fratello ancora in vita di Matteo. Se il Dna combacerà, allora non avremo più alcun dubbio: è il fratello di papà, Matteo, quello di cui abbiamo sempre sentito parlare, tra le lacrime, dai nostri nonni». (b.c.)
cercando nella sorpresa l’elemento più efficace per superare le forze avversarie. L’attacco è condotto con vigore ma i reparti, dopo essersi fatti sotto le posizioni nemiche per il lancio delle bombe, sono investiti dal violento fuoco delle armi automatiche disposte all’interno dell’abitato di Bali. E ancora: «Dopo un’ora di assalto, che ci arreca gravi perdite, l’attacco fallisce». Quel giorno sulla collina di Psarit imperversava una bufera di neve: il morale delle truppe italiano era a terra, le loro condizioni fisiche ”pessime”. Alla fine delle battaglia, la più feroce prima della definitiva caduta del fronte, il colonnello Ranise registrava 10 morti, 25 feriti e 7 dispersi. Fra questi ultimi vi era anche Matteo Pecoraro, nato a Salerno il 14 ottobre 1916: aveva da poco compiuto 25 anni ed era in Albania da tre settimane. Un suo commilitone scriverà più tardi alla famiglia, che invano cercava sue notizie, di averlo visto cadere «ferito a morte, ma di non averlo potuto soccorrere perchè chiamato dal dovere» di continuare a combattere. Sulla collina di Psarit, vicino alla città di Permet, fa freddo e pioviggina mentre nuvole basse ricoprono le vette delle montagne che delimitano all’orizzonte il vicino confine con la Grecia. E’ qui, in uno scenario terribilmente simile a quello descritto nel diario di guerra, che i resti del soldato Matteo sono stati ritrova



che nel 1941 aveva vent’anni, quella sanguinosa battaglia sulla collina non ha mai potuto scordarla. Durante i bombardamenti del 14 gennaio venne ferita da una scheggia e il figlioletto di appena due anni le morì tra le braccia. Ma ricorda bene anche il i soldati italiani, con cui aveva diviso la sua casa e che la ricoverarono nel loro ospedale. «La nostra casa si trova proprio sulla linea del fronte – ha raccontato a don Nicola – i soldati italiani vivevano con noi. Furono loro a soccorrermi dopo la battaglia, mentre per mio figlio non ci fu nulla da fare». Prima di incontrare Feruka, don Nicola Pecoraro ha macinato chilometri e fatto altri viaggi. Su quella collina, che dista chilometri e chilometri dalla capitale Tirana, è arrivato dopo aver cercato per anni tra libri storici e ritagli di giornale. Ha passato al setaccio le lettere che lo zio mandava dal fronte, ha spulciato tra gli archivi di Stato e i documenti dell’esercito, ha comparato carte e testimonianze. Fino ad arrivare al diario di guerra del colonnello Vittorio Ranise, che raccontava della terribile battaglia sulla collina di Psarit e dei sette soldati dispersi. Lo zio Matteo – don Nicola lo ha capito subito – doveva essere lì. Così, carte topografiche alla mano, ha individuato il luogo esatto dello scontro e, nell’ottobre 2003, è partito per l’Albania. Qui ha parlato con i contadini, rintracciato testimoni e infine, accompagnato dall’ambasciatore italiano, ha indicato agli spalatori dove scavare. Ora pensa già un nuovo viaggio, per portare sul luogo del ritrovamento una lapide che ricordi quel soldato morto in battaglia e seppellito sotto un sepolcro provvisorio. «Tornerò in Albania in estate» conferma. E tra qualche giorno la storia e le fotografie di Matteo Pecoraro saranno inserite in una pagina web tutta dedicata a lui, che il nipote inserirà sul sito internet salesiani.vomero.it. (c.d.m.)