Emozioni di un incontro

Bregu Psarit 21 ottobre 2003   

Sono arrivato sulla collina di Bregu Psarit accompagnato dal personale dell’Ambasciata di Tirana e con la squadra addetta allo scavo per ritrovare i resti di mio zio Matteo Pecoraro. Sono le dieci di mattina…

La squadra di operai aveva cominciato a scavare nel luogo che avevo indicato. Dopo pochi minuti mi hanno chiamato, dicendo che era stato trovato qualcosa: quasi facevo fatica a credere che potesse essere vero.

Dentro di me dubitavo, ero incerto, tale era l’ansia e la paura di subire una delusione.

Poi, con il trascorrere dei minuti, con lo scorgere il volto di questo fratello, mi sono commosso: ho telefonato a casa ho parlato con i miei genitori e li ho informati che era stato ritrovato.

      Ho immaginato per un momento la sua vita di giovane soldato, di giovane che eseguiva un ordine di andare contro un nemico che non conosceva e contro cui combatteva senza sapere perché…

E man mano che emergevano e venivano alla luce i resti del suo corpo, andavo indietro nel tempo, ai suoi ultimi momenti di vita, in un ambiente ostile di freddo e di neve, così come racconta il diario storico del suo reggimento, con uno scarso equipaggiamento e con la difficoltà a ricevere anche una razione o un pasto quotidiano.

E ho immaginato, nel momento in cui sia stato ferito mortalmente, che abbia invocato la madre, l’affetto e il nome più felice della sua vita, che non poteva essergli accanto…

E quel suo volto, che emotivamente mi è parso tanto somigliante a quello del mio caro che ricerchiamo da tanti anni, mi rimandava a ciò per cui siamo fatti, a ciò per cui noi esistiamo e viviamo: mi rimandava alla tenerezza, alla gioia, allo stupore, alla vita, alla pace.

Una pace che si incontra già in questo angolo di verde e di campi coltivati, silenziosi discreti, sereni e coloranti.

Ha riposato nella pace, carezzato solo dal fruscio del vento, riscaldato dal sole di primavera e ombreggiato da questi alberi che ne hanno ricoperto le spoglie con il sommesso movimento delle loro foglie.

La pace di questo luogo, l’incanto di questa natura, la meraviglia che possiamo apprezzare intorno a noi, sono stati il grembo in cui sono rimasti avvolti i resti mortali di questo fratello.

Tutto attorno a lui dice: “pace”; questa natura, questa semplice sepoltura, questo giovane eroe morto per la patria.

Pace, perché i rapporti tra gli uomini siano intessuti di comprensione, di amore e di solidarietà.

Solidarietà e pace come questo filo invisibile che ha annodato tutti noi che siamo qui; perché oggi siamo tutti interessati ad una storia di amore di fraternità  un’unica e commovente.

Dodici anni di lunghe ricerche, di documenti, di libri e di consultazioni di archivi.

La mano invisibile del Padre che ne cieli ci ha guidati per riportare a casa questo fratello, che potrà avere il ricordo dell’affetto dei suoi cari.

Cari amici, si può raccontare questa storia di eroismo, di avventura e sofferenze con parole quiete e riconoscenti ai tanti che hanno permesso di arrivare a questa sepoltura: a sua eccellenza l’ambasciatore d’Italia a Tirana dottor Attilio Massimo Iannucci, al colonnello de Cicco Giovanni, al dottor Davide Marotta,  alla famiglia della signora Hyesen Merzini che con il suo racconto e attraverso i ricordi precisi e concreti ha permesso il ritrovamento di questo soldato. Un grazie ancora a tutti i soldati e i carabinieri presenti che con  entusiasmo e con tanto affetto hanno seguito questa storia.

         Questa collina di Bregu Psarit resterà per sempre il sinonimo di orrore e di guerra e di pace e solidarietà di tanti.

     Chiedere a Dio la pace e la fraternità da costruire ogni giorno è impegno di tutti perché tutti fratelli di un unico Padre.